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Le radio


E’ fondamentale farsi spiegare l’audience, il target di riferimento, le coperture geografiche e gli ascoltatori giornalieri


La radio con la sua pubblicità radiofonica è uno strumento di comunicazione molto efficace e vanta una lunga tradizione.

I primi spot risalgono all’ottobre 1926, mese in cui la pubblicità incominciò ufficialmente a essere trasmessa dalle radio attraverso brevi comunicati mandati in onda negli intervalli tra i programmi di informazione e musicali.

Sempre negli anni Trenta del Novecento, la pubblicità radiofonica accoglie i testimonial e vengono creati i primi Jingle che verranno canticchiati da milioni di Italiani.

Negli anni Settanta le radio ottengono il loro vero sviluppo commerciale e iniziano a essere uno strumento di comunicazione importante tra le aziende e i loro clienti. Sempre in questi anni nascono e si diffondono velocemente in tutta Italia le radio a diffusione Provinciale e Regionale: da subito vengono apprezzate dalle imprese locali, che trovano in questo mezzo di comunicazione un valido partner per la promozione dei propri prodotti. In quel periodo, le imprese artigiane più strutturate iniziano a pubblicizzare i loro prodotti e per la prima volta in Italia le radio diventano garanti della qualità delle aziende che si promuovono.

Era diffuso: «se l’hanno detto alla radio, sarà sicuramente vero!»

Oggigiorno possiamo tranquillamente dire che la radio è adatta alla promozione di qualsiasi tipo di business. Anche in questo caso è importante individuare il target di utenza a cui la pubblicità è rivolta e capire se quel pubblico è in linea con le caratteristiche del nostro cliente. Se la risposta è positiva, lo strumento radiofonico diventa vincente, in caso contrario bisogna ripensare la strategia della promozione.

La promozione di un progetto di comunicazione effettuato sulla radio non deve essere limitata a una sola rete radiofonica, ma prevedere la stessa promozione su almeno tre stazioni differenti.

Prima di affidare la comunicazione alla radio, conviene sempre verificare la copertura geografica (specialmente per le radio di piccola diffusione locale o Regionale) e verificare che le frequenze abbiano una buona ricezione nelle zone interessate. Chi cura la sponsorizzazione è opportuno verifichi la corretta ricezione in periodi diversi dell’anno in cui le condizioni climatiche sono critiche come in autunno o primavera con la pioggia e d’inverno con la neve.

Chi decide di contattare direttamente gli uffici vendite delle radio o delle concessionarie locali, deve farsi spiegare bene l’audience, il target di riferimento, le coperture geografiche e gli ascoltatori giornalieri.

Quasi sempre, chi agisce in proprio, spende di più e deve saper richiedere tutte le informazioni necessarie ad assicurarsi che l’emittente sia in linea con i propri obiettivi e con il proprio target di riferimento. Infine, è necessario saper confrontare dati e preventivi di più emittenti per capire quale soluzione è la più adatta.

Per questo tipo di scelta è importante appoggiarsi a un consulente che aiuti a capire e analizzare almeno tre aspetti molto critici:

  • quanto deve essere lungo, in termini di secondi, lo spot radiofonico;
  • quanti passaggi radiofonici fare in una giornata e in che orario devono essere proposti;
  • quante settimane o mesi deve durare una campagna pubblicitaria radiofonica.

Nel tipo di scelta, questi tre punti sono di fondamentale importanza e bisogna ricordarsi che l’improvvisazione solitamente porta a commettere errori ai quali non si può porre rimedio se non investendo altro denaro.

Nel costruire uno spot radiofonico, si deve ricordare che l’ipotetico cliente, mentre ascolta, solitamente sta facendo un’altra attività e usa la radio come riempitivo. Inoltre, sono rari gli ascoltatori che mantengono la sintonizzazione sempre sulla stessa frequenza: chi fa fippers è un ascoltatore difficile da catturare!

Prima che un ascoltatore generico capisca il senso di uno spot radiofonico e che lo valuti utile o meno, lo deve ascoltare almeno dieci volte.

A questo punto è fondamentale capire la differenza tra sentire e ascoltare. Molti di noi li considerano dei sinonimi, in realtà non lo sono e soprattutto hanno significati molto diversi.

Sentire vuol dire percepire dei suoni, dei rumori o delle parole che vengono pronunciate o trasmesse da qualcuno: il nostro cervello capta dei segnali tramite l’udito, ma nulla di più; non gli presta attenzione, non li elabora e soprattutto non li interpreta. Una persona potrebbe sentire uno spot radiofonico anche cento volte e non ricordarsi una sola parola di quanto è stato detto. Quando una persona sente, a essere coinvolto è solo l’udito.

Ascoltare invece vuol dire attivare uno dei nostri cinque sensi, l’udito, e da questo il tutto si trasforma in un processo psicologico e fisico del corpo dove i neuroni comunicano al cervello dati che vengono tradotti in emozioni e concetti.

Spesso ci sarà capitato di leggere «Ascolto, dunque sento. Sento, ma non sempre ascolto». Questo sta a indicare che il nostro sistema uditivo è stimolato in entrambe le azioni, ma mentre si sente nel processo è coinvolto solo l’udito, quando si ascolta, sono coinvolti sia l’udito che le funzioni cognitive.

Ascoltare significa pensare, ragionare e seguire con attenzione (processo attivo). Sentire una voce non significa ascoltarla.

Per farlo è necessario capire il tono con cui una persona si esprime, captare le differenze nella pronuncia, prestare la giusta attenzione alle parole scelte per esprimere un concetto. È già difficile ascoltare con la dovuta attenzione una persona che ci parla di fronte, figuriamoci quando si è concentrati su un’azione e chi cerca di trasmetterci informazioni è una radio.

Uno spot radiofonico rivolto al pubblico giusto nel momento giusto, per suscitare interesse nell’acquisto del prodotto o servizio proposto, deve essere ascoltato da un utente normale almeno dieci volte.

Sulla base di queste considerazioni, non si può improvvisare e pertanto, anche lo studio del messaggio, del tono di voce, delle pause, delle accelerazioni, deve essere studiato bene.

Del nostro spot è importante stabilire bene la durata in secondi: solitamente si parla di 10, 15, 20, 30 o 60 secondi. La scelta dipende dalla strategia di comunicazione che viene adottata e dal budget a disposizione. Utilizzare spot da 30 secondi come base e durante la giornata rafforzare con spot brevi da 10 o 15 secondi è la soluzione che dà maggiore forza al messaggio pubblicitario. Più gli spot sono corti, maggiore deve essere l’efficacia del singolo messaggio.

Quando si scrive uno spot, si deve prestare la massima cura e attenzione alla punteggiatura perché rappresenta il 75% dell’efficacia del messaggio.

Per dare il maggiore risalto possibile allo spot radiofonico e catturare l’attenzione dell’ascoltatore, si devono prevedere delle pause o accelerazioni perché siano meglio comprese le informazioni utili.

Se in uno spot radiofonico si decide di dire tanto e non fermarsi all’essenziale, si otterrà l’effetto opposto. In questi casi l’ascoltatore rimarrebbe confuso e le eccessive informazioni ne diminuirebbero la comprensione.

Del messaggio radiofonico, ogni parola dovrà avere un senso logico: si dovranno usare parole e concetti chiari e non parole e concetti astratti. Questi aspetti tecnici fanno sì che il messaggio radiofonico crei un legame emotivo con l’ascoltatore dando maggior efficacia a questo strumento di comunicazione.

Molti consulenti considerano la pubblicità radio una vera e proprio forma espressiva di comunicazione e rientra pertanto come un tassello importante in un piano di marketing aziendale.

Coloro che ricevono dal loro cliente l’incarico di progettare una campagna di comunicazione radiofonica è opportuno raccolgano il palinsesto di almeno quattro o cinque delle maggiori emittenti a programmazione mensile e verifichino se le informazioni raccolte, consentano di capire se nel messaggio trasmesso, il cliente-ascoltatore trovi riscontro in un particolare programma oppure in una determinata fascia oraria della giornata.

Una caratteristica del messaggio pubblicitario radiofonico è la mancanza della parte visiva, comunemente chiamata non verbale, che da un lato penalizza la sua efficacia rispetto ad altri media, quali la tv, i giornali on-line e cartacei, i pullman, i social network, ecc., dall’altro, cattura direttamente il cervello dell’ascoltatore grazie alle parole cardine del messaggio stesso.

Tutto questo diventerà molto efficace e vincente quando lo spot e l’ipotetico cliente entrano in empatia usando lo stesso codice linguistico (linguaggio).

Quindi, il testo e la scelta del frasario da utilizzare diventa l’attività primaria e focale per la realizzazione di uno spot qualificato.

Le tecniche utilizzate per entrare in empatia sono molte: ricordiamo le classiche scenette alla Sandra & Raimondo dove due voci si punzecchiano o simulano una realtà quotidiana dove ognuno di noi può identificarsi; altri utilizzano canzoni famose per catturare l’attenzione e legate a queste focalizzare l’attenzione sul prodotto o servizio da promuovere; altri invece raccontano una storia a puntate; altri ancora usano effetti sonori ai quali abbinano parole o testi narranti.

Non esiste una regola per tutti: i prodotti e i servizi offerti sono molti e, per il proprio pubblico di riferimento, ognuno deve evidenziare al meglio le proprie peculiarità. Sottovalutare questi aspetti, porta a investire denaro senza averne un tornaconto e spesso si finisce per avvantaggiare o promuovere servizi concorrenti.

Non va dimenticato che lo spot radiofonico non può essere riascoltato e pertanto questo grande handicap deve essere di insegnamento e suggerire all’investitore di appoggiarsi a consulenti che conoscano bene l’argomento e le tecniche di mercato: saranno soldi ben spesi!

Esempio di alcuni sport radiofonici di successo
Intervista a Luca Demaria, autore del libro La pubblicità sui media locali
Alcune tra le più belle canzoni degli spot pubblicitari