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La pubblicità ingannevole


Un messaggio pubblicitario dimezza la sua efficacia quando all’interno è presente … a partire da


La definizione più corretta di pubblicità ingannevole la si vive tutte le volte in cui, acquistato un prodotto o un servizio, ci viene spontanea la seguente affermazione: quando l’ho vista o sentita alla pubblicità, mi sembrava un’altra cosa.

Ebbene sì,

la pubblicità di un prodotto o di un servizio è definita ingannevole ogni qual volta ne esalta delle caratteristiche che non corrispondono alle reali peculiarità al fine di indurre un individuo ad acquistarlo basando le proprie conoscenze su quanto visto, sentito o letto nel messaggio pubblicitario.

La pubblicità ingannevole è normata dai decreti legislativi n. 145 del 2007 (disciplina relativa alla tutela del professionista) e n. 146 del 2007 (che aggiorna il Codice di Consumo negli articoli dal 18 al 27 inserendo il concetto di pratiche commerciali scorrette a danno dei consumatori e delle micro-imprese). Il controllo è assegnato all’Antitrust ovvero l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. Pochi sanno che in Italia esiste lo I.A.P. (Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria) che, tramite il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale (63ª edizione) in vigore dall’8 marzo 2017 (la prima edizione del Codice risale al 12 maggio 1966), individua una serie di regole e comportamenti fondamentali per l’onesta concorrenza tra imprese. Il cuore del Codice si riassume in una semplice frase: La pubblicità deve essere onesta, veritiera e corretta ed evitare tutto ciò che possa screditarla.

Il Codice di Autodisciplina 

I primi due punti ci permettono di capire subito che:

«Il Codice di Autodisciplina ha lo scopo di assicurare che la comunicazione commerciale, nello svolgimento del suo ruolo particolarmente utile nel processo economico, venga realizzata come servizio per il pubblico, con speciale riguardo alla sua influenza sul consumatore. Il Codice definisce le attività in contrasto con le finalità suddette, ancorché conformi alle vigenti disposizioni legislative; l’insieme delle sue regole, esprimendo il costume cui deve uniformarsi l’attività di comunicazione, costituisce la base normativa per l’autodisciplina della comunicazione commerciale.» (Finalità del Codice)

«Il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale è vincolante per utenti, agenzie, consulenti di pubblicità e di marketing, gestori di veicoli pubblicitari di ogni tipo e per tutti coloro che lo abbiano accettato direttamente o tramite la propria associazione, ovvero mediante la sottoscrizione di un contratto di cui al punto d), finalizzato all’effettuazione di una comunicazione commerciale.» (Soggetti vincolati).

Nell’articolo 2 del Codice, viene trattata la Comunicazione commerciale ingannevole e nello specifico viene scritto che «La comunicazione commerciale deve evitare ogni dichiarazione o rappresentazione che sia tale da indurre in errore i consumatori, anche per mezzo di omissioni, ambiguità o esagerazioni non palesemente iperboliche, specie per quanto riguarda le caratteristiche e gli effetti del prodotto, il prezzo, la gratuità, le condizioni di vendita, la diffusione, l’identità delle persone rappresentate, i premi o riconoscimenti. Nel valutare l’ingannevolezza della comunicazione commerciale si assume come parametro il consumatore medio del gruppo di riferimento.»

Quando si presenta questa situazione di scorrettezza che porta il consumatore ad acquistare con l’inganno, entra in gioco l’Ente A.G.C.M. (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) che, dopo un’attenta analisi e la relativa contestualizzazione, interviene bloccando l’azione pubblicitaria. Molto spesso queste segnalazioni al Garante non vengono fatte dal singolo cittadino, ma dalle varie associazioni di consumatori presenti in Italia.

Legge 6 aprile 2005, n. 49

La legge n. 49 del 6 aprile 2005 prevede che, in caso di rifiuto da parte dell’azienda di bloccare la pubblicità, l’Ente garante è autorizzato a sospenderne l’attività fino a 30 giorni (questi sono casi sicuramente molto rari e non se ne ha conoscenza sia avvenuto negli ultimi anni).

L’articolo 11 della legge n. 49 presta particolare attenzione ai bambini fino ai 12 anni e agli adolescenti.

Questi messaggi non devono contenere nulla che possa danneggiarli moralmente, psichicamente o fisicamente e soprattutto, non devono abusare della loro naturale credulità o mancanza di esperienza o del loro senso di lealtà. La pubblicità non dovrà mai sminuire il ruolo educativo dei genitori; abituarli a uno stile di vita malsano o poco rispettoso degli altri, compiere o esporsi a situazioni pericolose e violare le norme sociali di buona educazione e senso civico.

Le categorie soggette ai maggiori controlli sulla pubblicità ingannevole sono: formazione, alimentari, prodotti dimagranti, finanziamenti, casinò, prestiti, cosmetici, estetica, malattie, farmaci, integratori, cartomanti, telefonia e servizi internet.

Quando si costruisce un messaggio pubblicitario, si deve fare attenzione non solo allo slogan principale, ma all’intero corpo del messaggio specialmente se vengono inserite scritte più piccole che contengono informazioni utili sulle condizioni economiche d’acquisto e sul prezzo. Nel caso in cui il consumatore possa prediligere un pagamento rateizzato, non va mai dimenticato di inserire sempre tutte le eventuali spese accessorie o eventuali oneri aggiunti.

Un messaggio pubblicitario dimezza la sua efficacia quando all’interno è presente a partire da, in quanto il compratore da subito rimane deluso perché è consapevole che non riuscirà ad acquistarlo al prezzo esposto.

La pubblicità ingannevole è molto pericolosa sulle persone deboli e fragili

La pubblicità ingannevole è molto pericolosa sui più deboli: bambini e ragazzi sono spesso vittime di queste viscide strategie commerciali e meritano di essere maggiormente tutelati specialmente sul web, dove troppo spesso non risulta possibile tracciare la provenienza del messaggio criminale.

A integrazione di quanto detto, va segnalato che nel solo 2016 da Google sono stati rimossi sul web un miliardo e settecento milioni di annunci ritenuti non attendibili e ingannevoli.